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Che cos'è l'assertività e come svilupparla

Che cos'è l'assertività e come svilupparla
Chiariamo un equivoco che spesso emerge quando si parla di assertività: essere assertivi non significa dominare gli altri, così come non significa "non farsi calpestare" oppure essere vincenti.

Essere assertivi comincia dal riuscire ad entrare in contatto con le proprie emozioni, dal saperle riconoscere e quindi usarle per i propri obiettivi senza farsi guidare impulsivamente da queste.

Significa ascoltare i propri bisogni ed aver chiari gli obiettivi da perseguire. Significa, soprattutto, avere stima e rispetto di sé e del proprio interlocutore assumendosi la responsabilità delle proprie azioni.

Definizione di assertività
L’assertività è un’abilità che si manifesta all’interno delle relazioni interpersonali: una persona assertiva è una persona che "asserisce”, che afferma qualcosa con convinzione e fermezza (Giusti E., 2006). 
Alcune caratteristiche della persona assertiva: 
    • la persona assertiva si esprime in modo efficace e autentico, sa ascoltare e chiedere chiarimenti;
    • accetta le critiche costruttive e rifiuta quelle manipolative e svalutanti;
    • le critiche che una persona assertiva rivolge agli altri non suscitano disagio o frustrazione perché stimolano il cambiamento;
    • la persona assertiva sa opporre un rifiuto verso ciò che non desidera e sa aiutare gli altri se le viene richiesto;
    • infine, la cosa più importante, sa entrare in contatto con le proprie emozioni. 
Come ogni altro tipo di abilità anche l’assertività può essere appresa e sviluppata: esistono training specifici, individuali e di gruppo, che favoriscono l’apprendimento e lo sviluppo di questa competenza.

Perché è importante essere assertivi? 
Il comportamento degli individui all’interno delle relazioni sociali si muove lungo un continuum che va dalla passività all’aggressività. L’assertività si colloca idealmente al centro di questo continuum: essere assertivi significherà avere un comportamento adeguato ed efficace volto all’ottenimento del risultato desiderato, utilizzando una comunicazione autentica senza essere passivi, sottomessi oppure aggressivi e mantenendo il pieno rispetto del proprio interlocutore.

Relazionarsi in maniera assertiva agli altri è importante perché permette l’espressione di sé sviluppando relazioni paritarie dove nessuno prevalga sull’altro, l’adeguata gestione dei conflitti e il raggiungimento degli obiettivi personali e di gruppo. 

Può succedere che questa capacità venga inibita in una persona durante la sua infanzia? Perché succede?
Gli individui non nascono assertivi o meno: si diventa assertivi attraverso l’apprendimento. Accade così che i bambini, fin dalla primissima infanzia, apprendano questi comportamenti per imitazione (attraverso il modeling) e per rinforzo dai genitori, insegnanti, fratelli, amici, etc. È facile comprendere quindi che per chi cresce in un ambiente non assertivo venga meno la possibilità di questo modellamento. Capita spesso che persone timide, introverse o aggressive abbiano avuto genitori altrettanto timidi, introversi ed aggressivi. Viceversa, persone troppo accondiscendenti potrebbero essere state bambini che sono stati scarsamente rinforzati oppure fortemente scoraggiati nei loro comportamenti assertivi. La mancata assertività può essere dovuta, quindi, ad un certo stile educativo particolarmente rigido ed inibente.

Un’altra ragione della mancata assertività è l’aver vissuto esperienze traumatiche che ne hanno bloccato lo sviluppo. Un esempio è quello di un bambino bullizzato che, crescendo, conserverà il timore di subire lo stesso trattamento e che, quindi, all’interno di relazioni sociali, manterrà un comportamento evitante e passivo.

Essere assertivi significa anche saper dire di no, saper esprimere le proprie opinioni e affermare il proprio disaccordo, a volte anche in maniera diretta: può avere un senso farlo? Come è meglio farlo?
Chiariamo un equivoco che spesso emerge quando si parla di assertività: essere assertivi non significa dominare gli altri, non significa non farsi calpestare oppure essere vincenti. Essere assertivi comincia dall’essere in contatto con le proprie emozioni, saperle riconoscere e usarle per i propri obiettivi senza farsi guidare impulsivamente da queste. Significa ascoltare i propri bisogni ed aver chiari gli obiettivi da perseguire. Significa, soprattutto, avere stima e rispetto di sé e del proprio interlocutore assumendosi la responsabilità delle proprie azioni.

Un aspetto molto importante e spesso sottovalutato: una persona assertiva sa anche scegliere quando non esserlo: in alcuni contesti, ad es. quelli lavorativi (come descriverò più avanti), non sempre perseguire i propri obiettivi e i propri bisogni porta al risultato sperato.

Come ci si può difendere, senza necessariamente alzare la voce?
Alzare la voce ci porta automaticamente in una posizione aggressiva e questo farà sì che la comunicazione si interrompa o che diventi disfunzionale. Per comunicare in maniera assertiva bisogna dapprima imparare ad entrare in contatto con le proprie emozioni: così, quando sentiremo l’impulso a rispondere alzando la voce, dovremmo accorgerci che sottostante a questo c’è un sentimento di rabbia inascoltato. Una persona assertiva saprà usare l’energia che origina dalla rabbia per modificare la propria postura, per scegliere un tono di voce chiaro e fermo e per indirizzare il proprio sguardo direttamente verso l’interlocutore. Tutto questo senza urlare, senza eccedere nell’aggressività ma nel pieno utilizzo di questa energia vitale.  

Quando può essere costruttivo, invece, farla sentire, anche magari con parole più forti?
Anche qui si tratta di dosare l’energia senza esagerare e trascendere: come spiegavo prima tra il comportamento passivo e quello aggressivo esiste un continuum, una retta che va da un polo all’altro. Ebbene, l’assertività si colloca esattamente a metà di questa retta: si può comprendere quindi come tutto può essere spiegato attraverso il giusto dosaggio dell’energia, di quella forza che è insita nella rabbia [breve annotazione: la parola emozione significa, etimologicamente, muovere verso l’esterno, portare fuori (emovère). La rabbia rappresenta proprio quell’emozione che fornisce l’energia affinché agiamo verso l’esterno di noi stessi]. 

Essere assertivi può avere a che fare anche con il non avere sempre bisogno di giustificarsi?
Perché giustificarsi? Se l’espressione di se stessi presuppone il ferire qualcuno allora non stiamo parlando di assertività. Come dicevo una persona assertiva non arreca danno agli altri e rispetta il proprio interlocutore. Spesso invece alcune persone timorose e passive sono appunto bloccate nell’espressione di sé dall’idea di dire o fare qualcosa di sbagliato: in tal caso il doversi giustificare è una conseguenza di questo.

Una persona assertiva, ricordiamolo sempre, è capace di assumersi le proprie responsabilità in merito alle proprie azioni ed opinioni. Quindi: no, se non voglio ferire il mio interlocutore, se rispetto le sue posizioni e mi assumo le responsabilità verso me stesso, non devo giustificarmi. 

Come si può esserlo in famiglia?
Essere assertivi in famiglia presuppone l’accoglimento delle emozioni e dei bisogni di ognuno. Importante in tal senso è il ruolo dei genitori verso i figli ma anche il ruolo dei due partner all’interno della coppia. L’assertività in famiglia inizia con l’ascolto reciproco, la capacità di chiedere senza pretendere, di saper fare delle critiche che stimolino il cambiamento e la messa in discussione di sé (le critiche in tal senso dovrebbero essere indirizzate alle azioni e non alla persona: non va bene dire "sei uno sciocco” bensì "hai fatto una cosa sciocca”).

Significa imparare a fornire apprezzamenti, così come chiedere e dare gratificazioni. Fondamentale risulta accettare sia le emozioni positive sia, soprattutto, quelle negative (ad es.: permettere al figlio di esprimere la rabbia o la tristezza senza biasimarlo o inibirlo). Infine, questa è una caratteristica fondamentale, essere assertivi in famiglia significa imparare a gestire i conflitti senza evitarli (si pensi ad un figlio adolescente e alle continue discussioni che possono generarsi con questi). 

E al lavoro?
In azienda e comunque sul proprio luogo di lavoro credo sia obiettivo e desiderio di chiunque costruire rapporti lavorativi, sia con i colleghi sia con i superiori, improntati al rispetto reciproco. Chiaramente, non sempre questo è possibile ed a volte, la necessità di mantenere quel lavoro potrebbe spingere anche a mandare giù il rospo: una persona assertiva per ridurre i danni e per evitare lo scontro con chi non accetta il confronto franco ed aperto (soprattutto se l’interlocutore in questione riveste ruoli gerarchicamente superiori) potrebbe anche decidere di soprassedere e rinunciare a ribadire le proprie ragioni senza per questo diventare passiva. Chiaramente, laddove possibile, e trovandosi in siffatta situazione, la persona assertiva può decidere di cambiare azienda. 
Tornando al contesto lavorativo: potrebbero esserci situazioni complesse da gestire come ad es. l’essere criticati, l’essere trattati ingiustamente, il ricevere richieste manipolatorie o, addirittura, umilianti. In tali situazioni le persone passive tendono ad addossarsi la colpa senza distinguere tra proprie o altrui responsabilità; viceversa le persone aggressive mostrano in maniera eccessiva il proprio fastidio spesso anche verso il proprio capo. La persona passiva lavora con risentimento e insoddisfazione mentre quella aggressiva costruisce rapporti conflittuali arrivando anche a perdere il lavoro.

Cosa fare, quindi?
Esistono training specifici che spiegano ed insegnano l’assertività.
In alternativa, e per cominciare a muoversi in maniera assertiva sia in famiglia, sia in coppia e sia al lavoro, potrebbe essere utile seguire alcune regole.

Alcune regole per essere assertivo: 
  1. sii sincero;
  2. conta fino a dieci prima di sfogare la rabbia;
  3. chiediti come ti sentiresti al posto dell’altra persona;
  4. esprimi le tue opinioni tenendo conto che sono, comunque, opinioni non verità assolute;
  5. assumiti le responsabilità se commetti un errore ed accetta riconoscimenti e lodi;
  6. chiedi critiche costruttive: hai fatto così, avresti dovuto fare cosà;
  7. scegli il momento giusto per esprimere disappunto o per fare una critica accertandoti di avere tutta l’attenzione del tuo interlocutore;
  8. esprimi come ti senti (questo tuo comportamento mi fa sentire triste, arrabbiato);
  9. insisti con una richiesta assertiva se non ottieni risposta. 

Dietro l’evitamento dei "no” c’è spesso la paura del rifiuto, il voler evitare il confronto ovvero lo scontro e il timore di ferire i sentimenti degli altri. Come si può uscire da questo meccanismo?
La risposta più semplice è: dichiarando il proprio timore. Ad esempio: "ho paura che se ti dicessi quello che penso tu poi ci resteresti male ed andresti via”. Di solito basta dichiarare quello che blocca o inibisce l’espressione genuina di sé per permettere all’altro di comprendere come siamo fatti e cosa ci tormenta, spingendolo ad agire di conseguenza. In concreto, di fronte ad una frase come quella descritta, è raro che qualcuno possa agire davvero lo scontro offendendosi ed allontanandosi, non fosse altro per non darla vinta al proprio interlocutore ("Vedi? Lo sapevo che ti saresti offeso!”). Di solito, invece, una tale dichiarazione apre ad una comunicazione sincera e diretta tra le persone e permette di costruire una relazione reciprocamente assertiva. 

Conclusioni
Vorrei, in conclusione, chiudere con una riflessione: essere assertivi è una scelta individuale, che inizia con la stima ed il rispetto di sé. Si può essere assertivi anche quando gli altri non lo sono, non ne sono capaci e non desiderano esserlo. Chiaramente, trovarsi di fronte ad una persona che accetta uno scambio vicendevolmente assertivo è molto arricchente per entrambi. Eppure, così come esemplificavo possa accadere nei rapporti lavorativi, nessuno è obbligato a rimanere in una relazione negativa o addirittura tossica. Infine, rispettare l’altro e le sue opinioni significa anche, in maniera paradossale, accettare che questi non sia e non voglia essere assertivo.

(Lo spunto per questo articolo è venuto da quest'intervista per il Magazine Voilà)

Letture consigliate
Giusti Edoardo, L'assertività. Vincere quasi sempre con le 3 A
Castanyer Olga, L'assertività: espressione di una sana stima di sé
Anchisi Roberto, Manuale di assertività. Teoria e pratica delle abilità relazionali



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Post scritto da Leonardo Paoletta

Psicologo Monza
Leonardo Paoletta.
Psicologo e psicoterapeuta Monza.
Sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed Analista Transazionale.

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