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Coronavirus: quale aiuto per i medici?

Coronavirus: quale aiuto per i medici?
Mentre l'epidemia da coronavirus è stata oramai dichiarata essere una pandemia, mentre il contagio si diffonde ogni giorno di più ed ognuno vive nell'attesa dei nuovi bollettini medici giornalieri (come fossero bollettini di guerra!), continuo ad interrogarmi su quale contributo io possa dare in questa situazione di emergenza.

Oggi ho avuto modo di leggere l'intervista a Giorgio Nardone (vedi link in fondo alla pagina) di cui condivido le preoccupazioni. Mi chiedo, infatti: "Chi aiuta coloro che stanno aiutando gli altri a sopravvivere? Qualcuno sta valutando qualche tipo di intervento psicologico per gli operatori sanitari?"

Estrapolo alcuni passaggi dell'intervista: "Medici, infermieri ed operatori sanitari lavorano da settimane senza sosta, secondo i ritmi dettati da un’emergenza di cui nessuno conosce la durata. Una pressione difficile da sostenere soprattutto per chi lavora in rianimazione e nelle terapie intensive che può portare a crolli emotivi da un momento all’altro. In questo momento così difficile, anche i medici hanno bisogno, come tutti, di essere ascoltati, supportati e rassicurati: gestire lo stress e conservare l’energia fisica e psicologica è di fondamentale importanza. «Se aspettiamo che siano loro a chiedere aiuto, si rischia di arrivare quando la maggior parte dei soggetti ha già maturato una patologia più importante»."

La situazione che stiamo vivendo genera nelle persone paura ed impotenza: gli operatori sanitari si trovano in una situazione che è già oltre quella delll'ansia: non ci sono strumenti per curare l'infezione ma solo prassi per far sì che l'organismo superi da solo la malattia. Di fronte ad un paziente terminale che morirà nel letto di ospedale solo, senza nemmeno un parente accanto, il medico non può far altro che sentirsi impotente. Questo porta non all'ansia ma bensì all'angoscia che è la conseguenza del sentirsi condannati e senza armi, senza possibilità di intervento alcuno.

Quando un operatore sanitario capisce che quel paziente non ce la farà, egli percepisce che il suo aiuto non servirà a nulla. In questo caso, l'angoscia provoca un calo dell'umore, una sensazione di sconfitta e un sentimento di incapacità. Spesso sopraggiunge la sensazione fisica di avere un peso sul petto oltre ad una difficoltà a respirare.

Cosa accadrà a questi operatori quando l'emergenza sarà finita?

Come descrive Nardone, ci sono due categorie di operatori: quelli già capaci di assorbire gli urti e che usciranno ancora più fortificati da questa esperienza; quelli che, invece, non sono in grado di sopportare un carico così pesante e che, purtroppo, ne usciranno psicologicamente massacrati. Afferma Nardone che: "(Queste persone) Non sentono ancora ciò che stanno provando, se ne accorgeranno più avanti. Le ferite del guerriero si sentono una volta finita la battaglia".

Tecnicamente stiamo parlando della sindrome da esaurimento psicofisico e di distacco emotivo. E' qualcosa che va oltre la sindrome da burnout: la differenza sta tutta nel fatto che i medici non stanno lavorando con distacco e freddezza bensì con passione, calore umano ed abnegazione. Sono individui sottoposti ad un sovraccarico emozionale continuo ed importante in condizioni fisiche estreme (vedi i turni massacranti), in emergenza e con quel senso di impotenza di cui parlavo prima. Lo scenario più plausibile è quello di sviluppare un disturbo post traumatico da stress.

Nardone sollecita ad attivare immediatamente percorsi di supporto psicologico perchè, testualmente: "Se aspettiamo che questo arrivi solo su richiesta, si rischia di arrivare sulla maggioranza dei soggetti quando hanno già maturato una patologia più importante. Sarebbe utile farlo già da adesso ma questo si scontra con il mondo della medicina in cui si tende a sottovalutare le conseguenze emotive delle cose e il potere della parola. E invece si dovrebbero attivare già ora negli ospedali le consulenze psicologiche per i medici. La missione del medico è salvare vite ma bisogna stare attenti quando la missione diventa foriera di traumi che ti porti dietro tutta la vita".

Quindi, in conclusione, tornando alla premessa iniziale, come psicologo e come cittadino, voglio impegnarmi a fare la mia parte per essere di supporto alla comunità di professionisti sanitari impegnati nella gestione dell'emergenza.

Ho deciso di offrire il mio tempo, in forma volontaria, per quegli operatori sanitari che decideranno in autonomia di richiedere un sostegno psicologico. L'intervento potrà svolgersi sottoforma di chiamata telefonica o di videochiamata (Skype o Whatsapp).

Ci si può prenotare scrivendo a Leonardo@PaolettaPsicologo.com oppure utilizzando il form in questa pagina

E' possibile scaricare e condividere il pdf con le istruzioni

Risponderò a tutti quelli che scriveranno fissando gli appuntamenti secondo l'ordine di prenotazione. Mi riservo di valutare di volta in volta le richieste che reputerò più urgenti di altre.

(Leggi anche: Coronavirus, lo psicologo: «Personale sanitario svilupperà disturbi post traumatici. Attivare subito supporto psicologico»)



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Post scritto da Leonardo Paoletta

Psicologo Monza
Leonardo Paoletta.
Psicologo e psicoterapeuta Monza.
Sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed Analista Transazionale.

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