Il copione di vita
Ognuno di noi ha scritto per sé la storia della propria vita. Cominciamo a scriverla alla nascita. Quando abbiamo quattro anni, abbiamo deciso le parti essenziali della trama. A sette anni abbiamo completato la storia in tutti i dettagli principali. Da allora sino all'età di circa dodici anni le abbiamo dato dei ritocchi e aggiunto qua e là qualche dettaglio. Nell'adolescenza poi abbiamo riveduto il copione, aggiornandolo con personaggi più aderenti alla vita reale.
Come tutte le storie, la storia della nostra vita ha un inizio, un punto di mezzo e una fine. Ha i suoi eroi, le sue eroine, i suoi cattivi, i suoi protagonisti e le sue comparse. Ha il suo tema principale e i suoi intrecci secondari. Può essere comica o tragica, mozzafiato o noiosa, fonte d'ispirazione o banale.
Ora che siamo adulti gli inizi della nostra storia sono al di fuori della portata della nostra memoria cosciente. Può darsi che a tutt'oggi non siamo consapevoli di averla scritta e tuttavia in assenza di questa consapevolezza è probabile che vivremo questa storia tale e quale la componemmo tanti anni fa. Questa storia è il nostro copione.
Definizione del copione
In "Principi di terapia di gruppo" Berne ha definito il copione «un piano di vita inconscio». Successivamente in "Ciao!... E poi?" ne ha dato una definizione più completa:
Analizziamo questa frase a fondo:
Il copione è un piano di vita: l’Analisi Transazionale sostiene che il bambino rediga un piano specifico della propria vita, più che semplicemente una visione generale del mondo. Questo piano di vita è redatto sotto forma d'azione drammatica, con un suo netto inizio, un punto di mezzo e una fine.
Il copione è diretto verso un tornaconto: il piano di vita «culmina in una scelta decisiva». Quando il bambino piccolo scrive la propria vita, ne scrive come parte integrale anche la scena finale. Tutte le altre parti del copione, dalla scena di apertura in poi, sono allora programmate per portare a questa scena finale. Nel linguaggio tecnico della teoria del copione, la scena finale è chiamata il tornaconto del copione.
La teoria dice che quando da adulti noi mettiamo in scena il nostro copione, senza saperlo scegliamo dei comportamenti che ci facciano avvicinare al tornaconto del nostro copione.
Il copione è decisionale: Berne definisce il copione «un piano di vita che si basa su una decisione presa durante l'infanzia». In altre parole il bambino decide quale sarà il suo piano di vita.
Esso non è determinato unicamente dalle forze esterne quali i genitori o l'ambiente. Nel linguaggio tecnico dell'Analisi Transazionale esprimiamo questo dicendo che il copione è decisionale. Ne segue che anche quando bambini diversi vengono allevati nello stesso ambiente essi possono decidere dei piani di vita del tutto diversi.
Nella teoria del copione il termine «decisione» è utilizzato in senso tecnico, diverso dall'usuale significato che troviamo nel dizionario. Le decisioni di copione del bambino non sono prese nel modo riflessivo deliberato che noi associamo alle decisioni prese dall'adulto.
Le prime decisioni derivano da emozioni, e vengono prese prima ancora che il bambino abbia la capacità di parola. Dipendono inoltre da un tipo di esame di realtà diverso da quello effettuato dagli adulti.
Il copione è rinforzato dai genitori: benché non siano in grado di determinare le decisioni di copione di un bambino, i genitori possono esercitare una forte influenza su di esse. Fin dai primi giorni di un bambino i genitori gli inviano dei messaggi (ingiunzioni e controingiunzioni) sulla base dei quali egli forma delle conclusioni su se stesso, sugli altri e sul mondo. Questi messaggi di copione sono sia verbali sia non verbali. Costituiscono la struttura di riferimento in risposta alla quale vengono prese le principali decisioni di copione del bambino.
Il copione è al di fuori della consapevolezza: a meno che non ci diamo il tempo necessario per lavorare a scoprire il nostro copione, è probabile che rimarremo inconsapevoli delle prime decisioni che prendemmo, anche se le abbiamo vissute nel nostro comportamento.
La realtà viene ridefinita per «giustificare» il copione: noi spesso non facciamo altro che interpretare la realtà all'interno della nostra struttura di riferimento in modo tale che essa appaia giustificare le nostre decisioni di copione. Questo lo facciamo perché nel nostro stato dell'Io Bambino possiamo percepire qualsiasi minaccia alla nostra visione del mondo basata sul copione come una minaccia alla gratificazione dei nostri bisogni o anche alla nostra stessa sopravvivenza.
Origini del copione: perché prendiamo queste radicali decisioni infantili su noi stessi, sugli altri e sul mondo? Che funzione assolvono? La risposta risiede in due caratteristiche fondamentali della formazione del copione. Le decisioni di copione rappresentano la migliore strategia che ha il bambino per sopravvivere in un mondo che spesso sembra ostile, e a volte davvero minaccioso, per la sua vita. Le decisioni di copione sono prese sulla base delle emozioni e dell'esame di realtà del bambino.
Risposta a un mondo ostile: il bambino è piccolo e fisicamente vulnerabile. Per lui il mondo è popolato da enormi giganti. Un rumore inaspettato può essere il segnale che la sua vita è in imminente pericolo. Incapace di parola o di un pensiero coerente egli sa solo che se mamma e papà vanno via lui morirà. Se loro si arrabbiano troppo con lui possono annichilirlo.
Il bambino piccolo, inoltre, non ha la comprensione adulta del tempo. Se sente fame o freddo e mamma non accorre, forse vuol dire che mamma non verrà mai e questo significa la morte. Oppure potrebbe significare una cosa ancora peggiore della morte: essere abbandonato per sempre. Immaginiamo che, quando il bambino ha due o tre anni, nasca un fratellino o una sorellina. Il bambino, che ora è più grande, sa che probabilmente non morirà per questo. Ma tutta l'attenzione della mamma sembra essere presa dal nuovo arrivato. Forse non c'è abbastanza amore per tutti? Il piccolo lo assorbirà tutto? Ora la minaccia è la perdita dell'amore della mamma.
Per tutti gli anni della formazione del copione il bambino è in una posizione d'inferiorità. Egli percepisce i genitori come dotati di potere totale che nell'infanzia il potere significa potere di vita o di morte e in un secondo momento sarà il potere di soddisfare i suoi bisogni o di lasciarli insoddisfatti. La sua risposta è allora data da alcune strategie di sopravvivenza che gli permettano di vedere esauditi nel modo migliore i suoi bisogni.
Primo esame di realtà ed emozioni: un bambino piccolo non pensa come un adulto, né prova emozioni allo stesso modo. Le decisioni di copione sono prese sulla base di modi peculiari che ha il bambino di pensare e sentire. L'esperienza emozionale del bambino è di rabbia, di totale abbandono, di terrore e di estasi. Egli prende le sue prime decisioni in risposta a queste intense sensazioni. Così non è sorprendente che le decisioni prese spesso siano estreme.
Facciamo alcuni esempi: immaginiamo che egli sia stato ricoverato in ospedale per un'operazione. Questa non è un'esperienza piacevole nemmeno per un adulto, ma per il bambino può essere un disastro terrificante. Oltre alla paura egli sente infatti con enorme tristezza che mamma non c'è e forse non tornerà mai più. Inoltre è pieno di rabbia perché lei ha permesso che questo gli succedesse.
Potrà decidere: «Queste persone vogliono uccidermi. Mamma lascia che questo succeda, dunque anche lei vuole uccidermi. Mi conviene ucciderli prima che loro uccidano me».
Nella logica del bambino la regola è ragionare dal particolare al generale.
Ancora: supponiamo che la madre del bambino non sia coerente nel rispondere alle sue esigenze. Certe volte quando lui piange lei accorre, ma altre volte lo ignora. Il bambino non ne trae semplicemente la conclusione: «Della mamma non ci si può fidare». Può decidere «Non ci si può fidare degli altri» o forse: «Non ci si può fidare delle donne».
Una bambina di quattro o cinque anni può essere infuriata verso il padre perché non le dà più la calda attenzione che la mandava in estasi quand'era più piccola. È probabile che non decida semplicemente: «Sono infuriata con papà» ma: «Sono infuriata con gli uomini».
Il bambino può compensare questo suo senso d'impotenza immaginando di essere onnipotente o di poter fare cose magiche. Magari avverte che mamma e papà non vanno tanto d'accordo. In particolare se è figlio unico può decidere: «E colpa mia». Se i genitori litigano venendo alle mani può credere che sia suo compito proteggere un genitore dall'altro. Se il bambino avverte che è rifiutato da un genitore, può attribuire la colpa a se stesso, decidendo: «C'è qualcosa che non va in me».
I bambini piccoli hanno difficoltà a distinguere tra bisogni e fatti reali. Un bambino può pensare: «Voglio uccidere questo neonato che sta ottenendo tutte le attenzioni!». Per lui questo equivale a dire: «Io ho ucciso il nuovo arrivato». Può allora concludere: «Sono un assassino. Sono cattivo e detestabile». Nella vita adulta questa persona può avvertire un vago senso di colpa per un «crimine» mai commesso.
Perché il copione di vita è un concetto così importante nella teoria dell'Analisi Transazionale?
La ragione è che esso ci dà modo di capire perché le persone si comportano come fanno. Noi abbiamo particolare bisogno di questa comprensione quando esaminiamo i modi di comportarsi che sembrano in apparenza fonte di sofferenza o autodistruttivi.
Per esempio, nei giochi troveremo persone che entrano in interscambi dolorosi che ripetono più e più volte. Perché continuano a farlo quando è così spiacevole? La teoria del copione suggerisce una risposta: lo fanno per rinforzare e portare avanti il loro copione. Quando siamo nel copione ci abbarbichiamo a decisioni infantili.
Quando eravamo bambini piccoli queste decisioni sembravano il miglior modo possibile per sopravvivere e vedere esauditi i nostri bisogni.
Da adulti abbiamo ancora queste credenze nel nostro stato dell'Io Bambino. Senza averne consapevolezza cerchiamo di cambiare il mondo in modo che sembri giustificare le nostre prime decisioni. Quando siamo nel copione cerchiamo di affrontare i problemi adulti riproponendo delle strategie infantili che necessariamente portano a quegli stessi risultati cui portavano quando eravamo bambini. Quando otteniamo questi spiacevoli risultati possiamo dire a noi stessi nel nostro stato dell'Io Bambino: «Sì, il mondo è come ho deciso che fosse».
E ogniqualvolta «confermiamo» le nostre credenze di copione in questo modo possiamo avvicinarci di un passo al tornaconto del nostro copione.
Tratto da: Stewart, Joines, "L' Analisi Transazionale"
Come tutte le storie, la storia della nostra vita ha un inizio, un punto di mezzo e una fine. Ha i suoi eroi, le sue eroine, i suoi cattivi, i suoi protagonisti e le sue comparse. Ha il suo tema principale e i suoi intrecci secondari. Può essere comica o tragica, mozzafiato o noiosa, fonte d'ispirazione o banale.
Ora che siamo adulti gli inizi della nostra storia sono al di fuori della portata della nostra memoria cosciente. Può darsi che a tutt'oggi non siamo consapevoli di averla scritta e tuttavia in assenza di questa consapevolezza è probabile che vivremo questa storia tale e quale la componemmo tanti anni fa. Questa storia è il nostro copione.
Definizione del copione
In "Principi di terapia di gruppo" Berne ha definito il copione «un piano di vita inconscio». Successivamente in "Ciao!... E poi?" ne ha dato una definizione più completa:
«Un piano di vita che si basa su di una decisione presa durante l'infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi, e che culmina in una scelta decisiva».
Analizziamo questa frase a fondo:
Il copione è un piano di vita: l’Analisi Transazionale sostiene che il bambino rediga un piano specifico della propria vita, più che semplicemente una visione generale del mondo. Questo piano di vita è redatto sotto forma d'azione drammatica, con un suo netto inizio, un punto di mezzo e una fine.
Il copione è diretto verso un tornaconto: il piano di vita «culmina in una scelta decisiva». Quando il bambino piccolo scrive la propria vita, ne scrive come parte integrale anche la scena finale. Tutte le altre parti del copione, dalla scena di apertura in poi, sono allora programmate per portare a questa scena finale. Nel linguaggio tecnico della teoria del copione, la scena finale è chiamata il tornaconto del copione.
La teoria dice che quando da adulti noi mettiamo in scena il nostro copione, senza saperlo scegliamo dei comportamenti che ci facciano avvicinare al tornaconto del nostro copione.
Il copione è decisionale: Berne definisce il copione «un piano di vita che si basa su una decisione presa durante l'infanzia». In altre parole il bambino decide quale sarà il suo piano di vita.
Esso non è determinato unicamente dalle forze esterne quali i genitori o l'ambiente. Nel linguaggio tecnico dell'Analisi Transazionale esprimiamo questo dicendo che il copione è decisionale. Ne segue che anche quando bambini diversi vengono allevati nello stesso ambiente essi possono decidere dei piani di vita del tutto diversi.
Nella teoria del copione il termine «decisione» è utilizzato in senso tecnico, diverso dall'usuale significato che troviamo nel dizionario. Le decisioni di copione del bambino non sono prese nel modo riflessivo deliberato che noi associamo alle decisioni prese dall'adulto.
Le prime decisioni derivano da emozioni, e vengono prese prima ancora che il bambino abbia la capacità di parola. Dipendono inoltre da un tipo di esame di realtà diverso da quello effettuato dagli adulti.
Il copione è rinforzato dai genitori: benché non siano in grado di determinare le decisioni di copione di un bambino, i genitori possono esercitare una forte influenza su di esse. Fin dai primi giorni di un bambino i genitori gli inviano dei messaggi (ingiunzioni e controingiunzioni) sulla base dei quali egli forma delle conclusioni su se stesso, sugli altri e sul mondo. Questi messaggi di copione sono sia verbali sia non verbali. Costituiscono la struttura di riferimento in risposta alla quale vengono prese le principali decisioni di copione del bambino.
Il copione è al di fuori della consapevolezza: a meno che non ci diamo il tempo necessario per lavorare a scoprire il nostro copione, è probabile che rimarremo inconsapevoli delle prime decisioni che prendemmo, anche se le abbiamo vissute nel nostro comportamento.
La realtà viene ridefinita per «giustificare» il copione: noi spesso non facciamo altro che interpretare la realtà all'interno della nostra struttura di riferimento in modo tale che essa appaia giustificare le nostre decisioni di copione. Questo lo facciamo perché nel nostro stato dell'Io Bambino possiamo percepire qualsiasi minaccia alla nostra visione del mondo basata sul copione come una minaccia alla gratificazione dei nostri bisogni o anche alla nostra stessa sopravvivenza.
Origini del copione: perché prendiamo queste radicali decisioni infantili su noi stessi, sugli altri e sul mondo? Che funzione assolvono? La risposta risiede in due caratteristiche fondamentali della formazione del copione. Le decisioni di copione rappresentano la migliore strategia che ha il bambino per sopravvivere in un mondo che spesso sembra ostile, e a volte davvero minaccioso, per la sua vita. Le decisioni di copione sono prese sulla base delle emozioni e dell'esame di realtà del bambino.
Risposta a un mondo ostile: il bambino è piccolo e fisicamente vulnerabile. Per lui il mondo è popolato da enormi giganti. Un rumore inaspettato può essere il segnale che la sua vita è in imminente pericolo. Incapace di parola o di un pensiero coerente egli sa solo che se mamma e papà vanno via lui morirà. Se loro si arrabbiano troppo con lui possono annichilirlo.
Il bambino piccolo, inoltre, non ha la comprensione adulta del tempo. Se sente fame o freddo e mamma non accorre, forse vuol dire che mamma non verrà mai e questo significa la morte. Oppure potrebbe significare una cosa ancora peggiore della morte: essere abbandonato per sempre. Immaginiamo che, quando il bambino ha due o tre anni, nasca un fratellino o una sorellina. Il bambino, che ora è più grande, sa che probabilmente non morirà per questo. Ma tutta l'attenzione della mamma sembra essere presa dal nuovo arrivato. Forse non c'è abbastanza amore per tutti? Il piccolo lo assorbirà tutto? Ora la minaccia è la perdita dell'amore della mamma.
Per tutti gli anni della formazione del copione il bambino è in una posizione d'inferiorità. Egli percepisce i genitori come dotati di potere totale che nell'infanzia il potere significa potere di vita o di morte e in un secondo momento sarà il potere di soddisfare i suoi bisogni o di lasciarli insoddisfatti. La sua risposta è allora data da alcune strategie di sopravvivenza che gli permettano di vedere esauditi nel modo migliore i suoi bisogni.
Primo esame di realtà ed emozioni: un bambino piccolo non pensa come un adulto, né prova emozioni allo stesso modo. Le decisioni di copione sono prese sulla base di modi peculiari che ha il bambino di pensare e sentire. L'esperienza emozionale del bambino è di rabbia, di totale abbandono, di terrore e di estasi. Egli prende le sue prime decisioni in risposta a queste intense sensazioni. Così non è sorprendente che le decisioni prese spesso siano estreme.
Facciamo alcuni esempi: immaginiamo che egli sia stato ricoverato in ospedale per un'operazione. Questa non è un'esperienza piacevole nemmeno per un adulto, ma per il bambino può essere un disastro terrificante. Oltre alla paura egli sente infatti con enorme tristezza che mamma non c'è e forse non tornerà mai più. Inoltre è pieno di rabbia perché lei ha permesso che questo gli succedesse.
Potrà decidere: «Queste persone vogliono uccidermi. Mamma lascia che questo succeda, dunque anche lei vuole uccidermi. Mi conviene ucciderli prima che loro uccidano me».
Nella logica del bambino la regola è ragionare dal particolare al generale.
Ancora: supponiamo che la madre del bambino non sia coerente nel rispondere alle sue esigenze. Certe volte quando lui piange lei accorre, ma altre volte lo ignora. Il bambino non ne trae semplicemente la conclusione: «Della mamma non ci si può fidare». Può decidere «Non ci si può fidare degli altri» o forse: «Non ci si può fidare delle donne».
Una bambina di quattro o cinque anni può essere infuriata verso il padre perché non le dà più la calda attenzione che la mandava in estasi quand'era più piccola. È probabile che non decida semplicemente: «Sono infuriata con papà» ma: «Sono infuriata con gli uomini».
Il bambino può compensare questo suo senso d'impotenza immaginando di essere onnipotente o di poter fare cose magiche. Magari avverte che mamma e papà non vanno tanto d'accordo. In particolare se è figlio unico può decidere: «E colpa mia». Se i genitori litigano venendo alle mani può credere che sia suo compito proteggere un genitore dall'altro. Se il bambino avverte che è rifiutato da un genitore, può attribuire la colpa a se stesso, decidendo: «C'è qualcosa che non va in me».
I bambini piccoli hanno difficoltà a distinguere tra bisogni e fatti reali. Un bambino può pensare: «Voglio uccidere questo neonato che sta ottenendo tutte le attenzioni!». Per lui questo equivale a dire: «Io ho ucciso il nuovo arrivato». Può allora concludere: «Sono un assassino. Sono cattivo e detestabile». Nella vita adulta questa persona può avvertire un vago senso di colpa per un «crimine» mai commesso.
Perché il copione di vita è un concetto così importante nella teoria dell'Analisi Transazionale?
La ragione è che esso ci dà modo di capire perché le persone si comportano come fanno. Noi abbiamo particolare bisogno di questa comprensione quando esaminiamo i modi di comportarsi che sembrano in apparenza fonte di sofferenza o autodistruttivi.
Per esempio, nei giochi troveremo persone che entrano in interscambi dolorosi che ripetono più e più volte. Perché continuano a farlo quando è così spiacevole? La teoria del copione suggerisce una risposta: lo fanno per rinforzare e portare avanti il loro copione. Quando siamo nel copione ci abbarbichiamo a decisioni infantili.
Quando eravamo bambini piccoli queste decisioni sembravano il miglior modo possibile per sopravvivere e vedere esauditi i nostri bisogni.
Da adulti abbiamo ancora queste credenze nel nostro stato dell'Io Bambino. Senza averne consapevolezza cerchiamo di cambiare il mondo in modo che sembri giustificare le nostre prime decisioni. Quando siamo nel copione cerchiamo di affrontare i problemi adulti riproponendo delle strategie infantili che necessariamente portano a quegli stessi risultati cui portavano quando eravamo bambini. Quando otteniamo questi spiacevoli risultati possiamo dire a noi stessi nel nostro stato dell'Io Bambino: «Sì, il mondo è come ho deciso che fosse».
E ogniqualvolta «confermiamo» le nostre credenze di copione in questo modo possiamo avvicinarci di un passo al tornaconto del nostro copione.
Tratto da: Stewart, Joines, "L' Analisi Transazionale"